TITOLO:
L’ULTIMA
CONCUBINA
AUTORE: Lesley
Downer
CASA
EDITRICE:Piemme
N.
PAGINE:525
VALUTAZIONE:
4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro ambientato in
Giappone, che ci riporta alla scoperta delle tradizioni di questo paese, in
particolare su cosa voleva dire essere una concubina”.
TRAMA:Giappone,
1861. Il giorno in cui il corteo reale era passato attraverso il villaggio,
solo la piccola Sachi aveva infranto le regole alzando la testa verso la
portantina che avanzava. L'aveva fissata solo per un attimo, ma abbastanza
perché quel gesto cambiasse la sua vita. Quattro anni dopo, Sachi vive ormai
stabilmente a Edo. Ha seguito la principessa Kazu fin dal giorno i loro occhi
si sono incrociati, scambiandosi una muta promessa. Da allora è stata educata
secondo le ferree regole di palazzo e adesso, compiuti i quindici anni, è
pronta per essere introdotta al cospetto dello shogun. Così impone la
tradizione e così deve essere: la principessa deve offrire in dono al marito
una concubina, e Sachi è la prescelta.
RECENSIONE:L'ultima concubina è un
libro bellissimo adatto a chiunque apprezzi i romanzi con ambientazione
storica. Ci permette di conoscere il Giappone in un periodo di grandi
cambiamenti (seconda metà dell'Ottocento) approfondendone gli usi e le
tradizioni. Cosa voleva dire essere una concubina, come si veniva scelte,
tutte le cose che si dovevano imparare e le invidie che ne derivavano. Il tutto
incorniciato da una storia d'amore romantica ed non del tutto prevedibile senza
considerare il difficile periodo storico che il paese stava vivendo in quegli
anni. Una delle frasi più belle, a mio avviso è, questa:
Poesia di Teika: "Da
lungo tempo pur avendo udito che incontrarsi
poteva significare solo separarsi, mi son dato a te
dimentico del sopraggiungere dell'alba".
dimentico del sopraggiungere dell'alba".
TITOLO: VERRA’
IL VENTO E TI PARLERA’ DI ME
AUTORE: Francesca
Barra
CASA
EDITRICE:Garzanti
N.
PAGINE: 216
VALUTAZIONE:
3
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro ricco di
Basilicata, non molto convincente dal punto di vista della trama ma ricco di
amore e tradizione per questa terra”.
TRAMA:Teresa
è solo una bambina, ma per nessuna ragione vuole lasciare quella terra di cui
conosce ogni scorcio, ogni odore, ogni sapore: la Basilicata. E il suo
desiderio si è realizzato. Ora, invece, Caterina sua nipote, non vede l'ora di
andare via. Quando si trasferisce a Roma per studiare all'università la cosa
più importante che porta con sé è l'agenda in cui la nonna le ha dettato le sue
ricette. E Caterina inizia a guardare la sua vita con occhi nuovi. Scopre che
le radici non sono sempre qualcosa che impedisce di volare, ma possono essere
ali che portano verso cieli inaspettati. Impara che le ragioni del cuore spesso
sono imperfette e che questa è la loro bellezza. E quando il vento della sua
Basilicata la richiama ha molto da dirle. È tornato a soffiare solo per lei. Ma
Caterina sa che per ascoltarlo ci vuole il coraggio di seguire la strada che
porta dove si avverano i sogni.
RECENSIONE:Francesca Barra è nata a
Policoro, in Basilicata, e vive lontano dalla sua terra nativa, ma l'amore che
sente per le sue origini "riempe" gran parte delle pagine di questo
libro. Le protagoniste di questo romanzo sono: la nonna Teresa e la nipote
Caterina. L'elemento che le unisce e le accomuna è la cucina (all'interno del
testo si trovano molte ricette della cucina locale, con le tecniche di
preparazione) quello che le divide invece sono le scelte della vita. Teresa
già da piccola (quando ancora viveva all'interno dei sassi) sapeva che non
avrebbe mai lasciato la sua terra; Caterina per spiccare il volo decide di
andare a Roma a studiare. La Barra ci racconta della sua realtà paesana,
di quei luoghi in cui tutti si conoscono e che in famiglia niente si nasconde
(o perlomeno si cerca di farlo) e che una festa senza tutta la famiglia che
festa è..Ci porta una ventata di genuinità, in cui le "femmine devono
saper fare per maritarsi", in cui lo straniero è quello di fuori e così
via. In contrapposizione ci racconta una Roma diversa, moderna e dispersiva. Ho
molto apprezzato l'amore per il proprio paese ma quello che non mi ha convinto
molto è lo stile dell'autrice. Ha scelto di scrivere il romanzo alternando le
due protagoniste; Teresa ci racconta del suo passato mentre la nipote ci
racconta il suo presente. L'autrice quindi ha voluto analizzare due punti di
vista e due realtà a confronto. La sua scelta, secondo me, è stata un pò ardua,
almeno per lei. L'ho trovata carente e forzata nelle veci della giovane
diciannovenne Caterina; non sembrava di leggere le parole della ragazza ma
quelle di un adulto che prova a scrivere fingendosi un giovane. Per concludere,
posso dire di aver apprezzato la sua voglia di mettere in risalto la sua realtà
nativa ma per quanto riguarda la trama e soprattutto il suo modo di scrivere,
l'autrice non mi ha molto convinta.
TITOLO: IL
BACIO DEL PANE
AUTORE: Carmine
Abate
CASA
EDITRICE: Mondadori
N.
PAGINE: 176
VALUTAZIONE:
5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro che parla di
Calabria, con le sue tradizioni e i suoi retroscena. Molto piacevole”.
TRAMA:In
un'afosa giornata di luglio, una comitiva di ragazzi decide di andare a fare il
bagno alla cascata del Giglietto. Piero accetta volentieri perché quel luogo -
che è il più bello dei dintorni - lo attira come una calamita fin da quando è
bambino. I ragazzi scendono in moto dal paese di Spillace e poi risalgono a
piedi il letto pietroso di una fiumara. Quando arrivano all'altezza del rudere
di un antico mulino, sudati per la sfacchinata e l'afa, Piero sente un brivido
lungo la schiena. Accanto a lui c'è Laura - amica d'infanzia che vive a Firenze
e trascorre le vacanze a Spillace -, verso la quale prova un'attrazione che gli
sta scombussolando la vita.
RECENSIONE:Carmine Abate vive in
Trentino ma è calabrese al 100%. "Il bacio del pane" è ambientato
appunto in Calabria, a Spillace uno di quei paesini che definirei quasi
"fantasma", nel senso che d'estate sono vivi e rumorosi (tutte le
persone che sono emigrate al nord, ma che al sud hanno ancora i parenti, nel
periodo estivo tornano alle proprie origini per riunire la famiglia) e per il
resto dell'anno sono un pò spenti, rimangono solo i locali che sono sempre meno
e vivono nel ricordo dell'estate passata e nell'attesa della prossima. I
protagonisti di questo romanzo sono due giovani, Francesco (di Spillace al
100%) e Marta (compaesana che vive a Firenze e torna per le vacanze). Fra i
primi innamoramenti ed incomprensioni, i due si avvicinano di più quando
entrambi devono mantenere il medesimo segreto. Il segreto ha un nome e si
chiama Lorenzo. Vive in un rudere, nascosto, braccato. Marta subito più
espansiva, Francesco più diffidente, ma basta che Lorenzo baci il pane che
tutto cambia e al giovane torna in mente il nonno (una madeleine nostrana..),
un uomo che gli ha insegnato molto. Pur vivendo in Toscana, ho radici nel sud e
la tradizione vuole che non si butti via mai il pane, neanche se sporco o
ammuffito:"Il pane non si butta così, come una pietra senza valore. Il
pane è vita, ci vuole troppa fatica per farlo. Diede un bacio sul lato pulito
della fetta e andò a posarla sotto il fico, dove beccheggiavano affamati tre o
quattro uccelli. Poi concluse: il pane va rispettato." Un romanzo breve,
che inizia con un pò di lentezza ma basta poco per rimanerne coinvolti. Abate
ci racconta una realtà non così scontata, ricca di tradizioni, di rituali
(bellissima la preparazione del pane) e di famiglia. Per concludere vi lascio
una frase di Francesco che forse rappresenta con poche parole il romanzo: "Ora
so che l'esperienza di quei giorni d'estate mi aveva maturato all'improvviso,
come succede ai fichi che la sera sono acerbi e al mattino diventano maturi al
punto giusto".
TITOLO: LE
CANZONI DELL’AGLIO
AUTORE: Mo
Yan
CASA
EDITRICE:Einaudi
N.
PAGINE: 361
VALUTAZIONE:
3/4
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro davvero molto
duro, che ci presenza una Cina non così lontana in cui le tradizioni sono
ancora difficili da cambiare”.
TRAMA:Il racconto è ispirato a
un fatto realmente accaduto: la rivolta del 1987 nel distretto di Cangshan. I
contadini, esasperati perché l'intero raccolto di aglio era rimasto invenduto a
causa dell'incompetenza e dell'avidità dei funzionari locali, avevano fatto
irruzione nella sede del governo, bruciandone gli uffici. La storia è narrata
in ventuno capitoli, ognuno introdotto dal cieco Zhang Kou che canta le vicende
svoltesi nell'immaginario distretto Paradiso - e le gesta dei suoi abitanti,
ormai interamente dipendenti dalla coltivazione dell'aglio a scapito delle
colture tradizionali. Le ballate di Zhang Kou parlano di oppressione e soprusi
perpetrati dal Partito Comunista attraverso i suoi scagnozzi locali, che
sfruttano le masse in nome della riforma economica. Il cieco inciterà il popolo
alla rivolta e, alla fine dei tumulti che ha contribuito a scatenare, verrà
ritrovato cadavere, con la bocca piena di fango.
RECENSIONE:"Mi ordinate di
piantare l'aglio e io obbedisco. Perché allora poi non me lo comprate?" Lo
scrittore Mo Yan prende l'ispirazione per questo romanzo da fatti politici
realmente accaduti e pubblicato in Cina durante gli stessi anni. "Le
canzoni dell'aglio" vengono cantate dal vecchio cieco Zhang Kou e ci
accompagnano per tutto il racconto ed esprimono in musica e parole quello che
altri non hanno il coraggio di dire. Ci troviamo in Cina, fine anni '80,
durante il periodo delle nuove riforme, quando però le vecchie tradizioni
ancora restano. Il popolo che si affida al partito "in tutto e per
tutto", si sente tradito. Siamo in quella fase di precario equilibrio, in
cui i giovani hanno lo sguardo rivolto al futuro (ed alle nuove leggi) ed i
loro genitori e gli anziani sono ancora aggrappati al passato (e alle loro
tradizioni). Questo romanzo è duro e spietato. Narra di una realtà
relativamente recente (e che purtroppo in alcune aree ancora permane) che fa
riflettere molto. Si racconta di ingiustizie, di matrimoni combinati, della
libertà che non si può assaporare, della fame e delle rinunce e della speranza
che va sempre più ad affievolirsi. All'interno del romanzo passato e presente
si alternano e non sempre è facile distinguerli. Non è un romanzo piacevole
visto l'argomento di cui tratta, ma lo consiglio comunque perché ci può far
aprire gli occhi e ricordarci quanto siamo fortunati. Vi lascio con due frasi
che possono rendere l'idea delle vecchie tradizioni e che si commentano da
sole:
"-Dottoressa cos'è?
-Una femmina - mormorò il medico.
Sentendo che era una femmina, l'uomo vacillò e cadde all'indietro sbattendo la nuca contro una tegola che emise un crack, come se si fosse rotta.
-Che ti prende? - esclamò il medico. - I tempi sono cambiati, le donne sono pari agli uomini! Senza le donne voi non ci sareste! O credete di essere piovuti dal cielo?
Lentamente l'uomo si mise seduto, restò inebetito per un pò e poi scoppiò a piangere come una donna:
-Zhou Jinhua, Zhou Jinhua, sei una buona a nulla, mi vuoi morto... - ripeteva."
"- Dove sono andate le donne? In città? I maschi di città però non vogliono le ragazze di campagna. E' strano. Quando si alleva una mucca o un cavallo ci si augura che figlino, e se alzando la coda scopriamo che sono femmine siamo tutti contenti, mentre ci rattristiamo se sono maschi. Per gli uomini invece è tutto il contrario, siamo felici se nasce maschio e infelici se nasce femmina, dopo però se uno non trova moglie si dispera."
-Una femmina - mormorò il medico.
Sentendo che era una femmina, l'uomo vacillò e cadde all'indietro sbattendo la nuca contro una tegola che emise un crack, come se si fosse rotta.
-Che ti prende? - esclamò il medico. - I tempi sono cambiati, le donne sono pari agli uomini! Senza le donne voi non ci sareste! O credete di essere piovuti dal cielo?
Lentamente l'uomo si mise seduto, restò inebetito per un pò e poi scoppiò a piangere come una donna:
-Zhou Jinhua, Zhou Jinhua, sei una buona a nulla, mi vuoi morto... - ripeteva."
"- Dove sono andate le donne? In città? I maschi di città però non vogliono le ragazze di campagna. E' strano. Quando si alleva una mucca o un cavallo ci si augura che figlino, e se alzando la coda scopriamo che sono femmine siamo tutti contenti, mentre ci rattristiamo se sono maschi. Per gli uomini invece è tutto il contrario, siamo felici se nasce maschio e infelici se nasce femmina, dopo però se uno non trova moglie si dispera."
TITOLO: LA
STRANEZZA CHE HO NELLA TESTA
AUTORE: Orhan
Pamuk
CASA
EDITRICE: Einaudi
N.
PAGINE: 566
VALUTAZIONE: 5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro che ci racconta
la storia del venditore di boza e della sua città, Istanbul”.
TRAMA:Mevlut è innamorato di
Rayiha, una ragazza incontrata una volta sola, di sfuggita durante una festa.
Per tre anni non passa giorno senza che lui le scriva una lettera d'amore, e
pur non ricevendo mai risposta, in fondo al cuore Mevlut sa di essere
ricambiato. Il suo migliore amico Sùleyman, che gli fa da "postino",
riferisce a Mevlut che la ragazza acconsente a scappare con lui e sposarlo.
Peccato soltanto che, una volta portata via la ragazza dalla casa paterna nel
cuore della notte, finalmente al sicuro sul treno per Istanbul, Mevlut guardi
finalmente bene in faccia la sua futura moglie e scopra di essersi sbagliato:
quella non è Rayiha, ma la sorella più grande e brutta che per tutti quegli
anni aveva ricevuto le lettere, credendo fossero destinate a lei. Mevlut, pur
con la morte nel cuore, non riesce a dirle di essersi sbagliato e ad
abbandonarla. Una volta tornato a Istanbul, e sposato con la donna sbagliata,
iniziano le fortune di Mevlut, venditore di boza. Fortune aiutate non poco
dalle sostanze non sempre legali che aggiunge alle sue bevande e che le rendono
tra le più richieste della rutilante vita notturna della Istanbul in pieno boom
economico negli anni Ottanta. Ma anche le grandi fortune possono avere
precipitosi rovesci: soprattutto quando scopri che il tuo migliore amico e socio
d'affari sta per sposare la bella Rayiha, il tuo unico, vero, grande amore.
RECENSIONE:Orhan
Pamuk, Premio Nobel per la Letteratura del 2006, ci presenta il suo nuovo
libro. “La stranezza che ho nella testa” parla, come ci racconta l’autore, “della
vita, delle avventure, dei sogni, degli amici e nemici di Mevlut Karatas, il
venditore di boza”. Pamuk oltre a farci scoprire e vivere la vita del
protagonista, ci porta all’interno delle case, nelle vie e nei locali di una
città, Istanbul, che cambia, che si trasforma, fino a diventare quella che è
oggi. Le tradizioni, i colpi di stato, i furbetti, la famiglia, i matrimoni
combinati, l’istruzione e la religione, influenzeranno la vita di un uomo che
pur dovendo affrontare molte difficoltà, non perderà mai l’ottimismo. Ho detto poco
sulla trama perché quando l’ho letta io, mi ero fatta un’idea sbagliata e
quindi non voglio influenzarvi ma incuriosirvi. Un’altra cosa che mi ha
incuriosito e che dopo aver preso in mano il libro, soppesandolo, avevo
valutato (ormai sono come gli intenditori, da uno sguardo di solito capisco il
numero di pagine) che poteva essere un libro da poco più di trecentocinquanta
pagine, invece sfogliandolo mi sono resa conto che erano ben 560. Non fatevi
spaventare da questo, questa è una storia che va letta e assaporata pagina dopo
pagina, perché il venditore di boza è un uomo che ha vissuto una vita che può
sembrare ordinaria, ma che nella sua ordinarietà è veramente straordinaria. Una
frase per farvi capire qualcosa in più di Mevlut, da molti definito ingenuo e
sognatore: “Mevlut, se avessi vinto il primo premio della lotteria, cosa
avresti fatto?..Sarei rimasto a casa con le mi figlie a guardare la
televisione, non avrei fatto nient’altro”. Per quanto riguarda lo stile, è il primo
libro che leggo di Pamuk e ne sono rimasta piacevolmente colpita. Particolare è
la scelta, oltre a quella di raccontare la storia del protagonista, di dar voce
ai vari personaggi, che volta volta, in prima persona, raccontano la loro
verità. Davvero singolare. Vi lascio con quest’ultima frase:
“Il collegamento tra le
intenzioni del cuore e le intenzioni delle labbra era la fortuna, naturalmente:
uno può avere intenzione di fare una cosa, ma finisce per dirne un’altra; la
fortuna era il ponte che poteva unire le due intenzioni”. Lo consiglio, ne sono
rimasta affascinata.
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