TITOLO: IO
SONO MALALA
CASA
EDITRICE:Garzanti
N.
PAGINE: 284
VALUTAZIONE: 4
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro attuale, in cui
una ragazzina ci racconta il suo mondo e come si è ribellata ad esso. Stile
molto leggero ma diretto, una lettura adatta a tutti”.
TRAMA:Valle
dello Swat, Pakistan, 9 ottobre 2012, ore dodici. La scuola è finita, e Malala
insieme alle sue compagne è sul bus che la riporta a casa. All'improvviso un
uomo sale e spara tre proiettili, colpendola in pieno volto e lasciandola in
fin di vita. Malala ha appena quindici anni, ma per i talebani è colpevole di
aver gridato al mondo il suo desiderio di leggere e studiare. Per questo deve
morire. Ma Malala non muore: la sua guarigione miracolosa sarà l'inizio di un
viaggio straordinario dalla remota valle in cui è nata fino all'assemblea
generale delle Nazioni Unite. Questo libro è la storia vera e avvincente come
un romanzo della sua vita coraggiosa, un inno alla tolleranza e al diritto
all'educazione di tutti i bambini, il racconto appassionato di una voce capace
di cambiare il mondo.
RECENSIONE:Il
Premio Nobel per la Pace del 2014 è stato assegnato a Malala Yousafzai, che
diventa così la più giovane in assoluto ad averlo ricevuto. La domanda a quel
punto mi è sorta spontanea, ma chi è Malala? Cosa ha fatto per meritarselo? Le
risposte le ho trovate dopo aver letto "Io sono Malala".
Con uno stile adolescenziale, la corrispondente di guerra e giornalista Christina Lamb ci racconta la storia di questa giovane ragazzina nata nello Swat e di come la sua vita sia cambiata dopo l'attentato ad opera dei talebani. Questo libro mi ha fatto molto riflettere; pensare a questa ragazzina che si è battuta fin da giovanissima per l'istruzione, soprattutto quella femminile e che non si è fermata davanti a niente, in un ambiente così ostile al genere femminile. Tutto questo non può passare inosservato. Malala ci racconta di come sia innamorata del suo paese ma anche delle ingiustizie che costantemente la popolazione subisce. Della sua voce fuori dal coro, una voce che non si è fermata neanche dopo e che tuttora continua a "cantare" e combattere per il diritto all'istruzione. Malala mi ha fatto conoscere molte delle tradizioni e della cultura del suo Pakistan; di come l'amore per la patria sia radicato in questo popolo ma anche di come spesso si possa usare la religione come arma, che su un popolo analfabeta può far molto più presa rispetto ad uno istruito. Credo anche di aver capito cosa ha reso Malala la persona che è diventata: la sua famiglia. Ha avuto la fortuna di avere un padre che l'ha sempre lasciata libera di pensare e una madre che l'ha incoraggiata continuamente; probabilmente con altri genitori così, il mondo sarebbe pieno di "Malale". "A tutte le ragazze che hanno affrontato l'ingiustizia e sono state zittite. Insieme saremo ascoltate". E' un libro che consiglio, non certo per lo stile, molto semplice ma diretto, ma per quello che racconta e per come arriva.
Con uno stile adolescenziale, la corrispondente di guerra e giornalista Christina Lamb ci racconta la storia di questa giovane ragazzina nata nello Swat e di come la sua vita sia cambiata dopo l'attentato ad opera dei talebani. Questo libro mi ha fatto molto riflettere; pensare a questa ragazzina che si è battuta fin da giovanissima per l'istruzione, soprattutto quella femminile e che non si è fermata davanti a niente, in un ambiente così ostile al genere femminile. Tutto questo non può passare inosservato. Malala ci racconta di come sia innamorata del suo paese ma anche delle ingiustizie che costantemente la popolazione subisce. Della sua voce fuori dal coro, una voce che non si è fermata neanche dopo e che tuttora continua a "cantare" e combattere per il diritto all'istruzione. Malala mi ha fatto conoscere molte delle tradizioni e della cultura del suo Pakistan; di come l'amore per la patria sia radicato in questo popolo ma anche di come spesso si possa usare la religione come arma, che su un popolo analfabeta può far molto più presa rispetto ad uno istruito. Credo anche di aver capito cosa ha reso Malala la persona che è diventata: la sua famiglia. Ha avuto la fortuna di avere un padre che l'ha sempre lasciata libera di pensare e una madre che l'ha incoraggiata continuamente; probabilmente con altri genitori così, il mondo sarebbe pieno di "Malale". "A tutte le ragazze che hanno affrontato l'ingiustizia e sono state zittite. Insieme saremo ascoltate". E' un libro che consiglio, non certo per lo stile, molto semplice ma diretto, ma per quello che racconta e per come arriva.
TITOLO: PAPILLON
AUTORE: Henry
Charriere
CASA
EDITRICE: Mondadori
N.
PAGINE: 631
VALUTAZIONE: 4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere una biografia che più che
una vita raccontata, sembra proprio un’avventura. Molto istruttivo, si vanno a
conoscere dettagli sui detenuti e sulle prigioni oltre oceano. Davvero interessante”.
TRAMA:Accusato
di un omicidio che non ha commesso, Henri Charrière, detto Papillon per la
farfalla tatuata sul torace, venticinquenne, viene condannato all'ergastolo.
Non fa tragedie, non denuncia nessuno. Non ricorre neppure in appello. La sua
sola speranza è la fuga. Quello che sembra avere tutte le caratteristiche di un
fantasioso romanzo d'avventura è invece una straordinaria storia vera: le
vicende narrate dall'autore e protagonista sono in realtà ricordi di trent'anni
trascorsi nelle peggiori galere del mondo, tra la Caienna e l'Isola del
Diavolo, dove il sole brucia tutto e l'oceano si perde all'orizzonte. "Papillon"
è una lezione di coraggio e di virilità, un eccezionale documento umano contro
l'ingiustizia, contro il dolore fisico e lo sfinimento morale, una lunga
battaglia per tornare a vivere da uomo libero.
RECENSIONE:Questo
libro nasce per caso. Può succedere, di sentir parlare o leggere qualcosa e
subito ci viene la voglia di raccontare la nostra esperienza? Così succede ad
Henri Charrière, che per caso si ritrova a leggere le avventure di una donna
che ha raccontato la sua vita ricca di fughe e prigioni; sentitosi colpito in
prima persona, immediatamente pensa che se l’ha potuto fare lei, figuriamoci
lui che ne ha molte di avventure da raccontare. Così trent’anni dopo, si
ritrova a raccontare la sua vita con l’umiltà di inviarlo ad un editore con la
seguente nota: “le mando le mie avventure, le faccia scrivere da qualcuno del
mestiere”. Ma il suo scrivere che è “come te lo racconta” conquista subito
l’editore che lo lascia praticamente intatto. Henri Charrière, detto Papillon
(a causa di un tatuaggio sul petto fatto a forma di farfalla), francese, di
venticinque anni, viene condannato dall’Assise colpevole di omicidio (pur
essendo innocente) e spedito “al bagno” in Guiana Francese, dove dovrà scontare
la sua pena per tutta la vita (ergastolo). Ma Papillon (chiamato Papi dagli
amici) è un uomo che “non abbandona mai la partita”; un uomo che non è capace
di arrendersi, in cui la speranza non si spegne mai. Pur sapendo che ad ogni
evasione c’è il rischio della punizione, lui non si ferma. Non si è neanche
fatto fermare dalla “mangiauomini” :
“Esamino la cella nella
quale mi hanno fatto entrare. Non avrei mai potuto supporre né immaginare che
un paese come la Francia, madre della libertà nel mondo intero, terra che ha
dato la luce ai Diritti dell’uomo e del cittadino, possa disporre…, di una
installazione così barbaramente repressiva”
“nessuno, assolutamente nessuno, nemmeno gli spessi muri, né la distanza di quest’isola sperduta nell’Atlantico, niente, assolutamente niente di morale o di materiale impedirà i miei viaggi tinti del rosa della felicità quando parto nelle stelle”.
“nessuno, assolutamente nessuno, nemmeno gli spessi muri, né la distanza di quest’isola sperduta nell’Atlantico, niente, assolutamente niente di morale o di materiale impedirà i miei viaggi tinti del rosa della felicità quando parto nelle stelle”.
Questo libro è
un’avventura continua, pur sapendone già la fine, sei sempre lì in attesa, ad
aspettare “il dazio” che questo uomo ha dovuto pagare. Niente digressioni, qui
si parla di fatti, fatti vissuti sulla pelle. Colpiscono molto la solidarietà
fra detenuti, la non distinzione di nazionalità e la gentilezza delle persone
incontrate durante le sue fughe che gli insegnano, che anche se il sistema non
lo crede possibile, loro sono convinti che anche un evaso possa essere
riabilitato. Ho visto recentemente il film, sinceramente può essere un bel film
solo per chi non ha letto il libro perché da questo prende veramente poco.
TITOLO: PERSEPOLIS
AUTORE: Marjane
Satrapi
CASA
EDITRICE:Rizzoli-Lizard
N.
PAGINE: 354
VALUTAZIONE: 4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere la biografia che non ti
aspetti, scritta come un fumetto, così reale, diretta e forte che ci racconta l’Iran
e la sua popolazione. La consiglio vivamente”.
TRAMA:Autobiografia
dell'autrice che illustra in immagini e parole l'Iran di oggi. Marjane Satrapi
è nata a Rasht, Iran, nel 1969. A quattordici anni, dopo l’infanzia passata a
Teheran, si è trasferita a Vienna per sfuggire all’oppressione del regime
dittatoriale degli ayatollah. Dal 1994 vive in Francia, dove lavora come
autrice e illustratrice e collabora a numerosi giornali e riviste.
RECENSIONE:Ho
letto molte biografie e autobiografie. Quando le leggi sai già cosa ti puoi
aspettare; ci possono essere delle curiosità non conosciute o delle parti così
toccanti che non potevi pensare di trovare, ma in linea generale ti trovi un
racconto di una vita. Quando ho deciso di leggere “Persepolis” invece quello
che mi sono trovata davanti non potevo minimamente immaginarmelo. Marjane
Satrapi è nata in Iran nel 1969 ed oggi vive a Parigi. Ha deciso di raccontare
la sua storia, per rendere giustizia al popolo iraniano perché per colpa di una
parte degli estremisti, tutto il suo popolo è stato catalogato come “terrorista”.
Fin qui sembra tutto nella norma, quante persone hanno un trascorso simile al
suo, ma, non ho ancora spiegato il lavoro di questa donna. La Satrapi è un’illustratrice
ed ha deciso di rendere la sua vita un fumetto. Non amo i fumetti, ho solo un
bellissimo ricordo del mio “Topolino” che leggevo da piccola, per il resto non
mi sono mai appassionata al genere. Inizialmente scettica, mi sono invece trovata
a leggere e sfogliare le pagine con voracità; quello che leggevo ma soprattutto
vedevo mi ha colpito. Satrapi affronta il cambiamento del suo paese, come nell’arco
di poco tempo la libertà di ognuno è stata diminuita e la donna si è ritrovata
in un mondo “nuovo”. In cui intere famiglie fuggono oppure per offrire un
futuro ai figli li mandano all’estero. In cui oggi hai tutto e domani non hai
niente. In cui pensi che il male sia uno e poi invece capisci che non era
quello. In cui una bambina, poi diventata donna ha dovuto affrontare tutto
questo. L’intento dell’autrice, che come dicevo prima ha realizzato anche i
disegni, è quello di “Si può perdonare ma non si deve dimenticare” e che “di
tutta l’erba non si fa un fascio”. Sono molte le edizioni di questo romanzo, io
ho avuto la fortuna di leggere l’ultima ovvero quella del 2014 che è la nuova
edizione integrale. Coinvolgente, forte e riflessivo. Lo consiglio sia per l’idea
originale dell’autrice sia per la portata del suo messaggio.
TITOLO: L’IMPOSTORE
AUTORE: Javier
Cercas
CASA
EDITRICE: Guanda
N.
PAGINE: 406
VALUTAZIONE: 4
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro davvero
particolare che ti fa capire l’arte della menzogna nelle sue molteplici
sfaccettature. Un libro non leggero ma riflessivo”.
TRAMA:Un
romanzo vero, ma allo stesso tempo un'opera di finzione. La finzione, però, in
questo caso non è frutto della fantasia dell'autore, ma è opera dello stesso
protagonista, Enric Marco. Chi è Enric Marco? Un novantenne di Barcellona,
militante antifranchista, che negli anni Settanta è stato segretario del
sindacato anarchico - la CNT - e in seguito ha presieduto l'associazione
spagnola dei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, ricevendo numerosi
riconoscimenti per il coraggio dimostrato negli anni e la testimonianza degli
orrori del lager. In realtà, è un impostore. Nel 2005 la sua menzogna è stata
pubblicamente smascherata. Enric Marco, come ha rivelato uno storico, non è mai
stato internato a Flossenbiirg. E l'intera sua vita è un racconto intessuto di
finzioni, dalla sua partecipazione alla guerra civile alla militanza
antifranchista. Dieci anni dopo, Javier Cercas traduce in un romanzo audace,
che sfida le convenzioni narrative, l'enigma del personaggio, le sue verità e
le sue bugie. In queste pagine intense si dipana un intero secolo di Storia,
raccontato con la passione di un sovversivo della letteratura e un'ammirevole
onestà dissacratoria.
RECENSIONE:”Come
qualunque buon bugiardo sa, una menzogna ha successo soltanto se è impastata
con la verità”. Nel 2005, a ben ottantaquattro anni, Enric Marco viene
smascherato e, da esempio per il suo paese, diventa l’impostore, il grande
maledetto. Javier Cercas, dieci anni dopo, decide di scrivere (dopo un periodo
di riflessione) un libro su di lui. Il suo obiettivo è quello di scoprire fino
a che punto le menzogne di Marco sono arrivate e soprattutto perché ha deciso
di farlo. Per chi non avesse sentito parlare di questo scandalo, nel 2005,
Enric Marco viene smascherato e le sue menzogne vengono alla luce. Per molti
anni si era fatto passare per un internato nel campo di Flussenbürg e per
antifranchista, quando in realtà non era mai stato nessuna delle due cose. Cercas
si è scelto un compito non facile, in primis perché il caso Marco ha fatto fare
brutta figura a tantissima gente (autorità, giornalisti, politici e colleghi),
secondo e non meno importante, va considerato che Marco è un grande bugiardo e
come tale si può correre il rischio di cadere nella sua “rete”. Sulle tracce di
un uomo che ha come principale colpa quello di aver fatto parte della
maggioranza e di aver detto sempre “SI”, quando in realtà si è fatto spacciare
per uno della minoranza che diceva “NO”. La domanda sorge spontanea, come ha
fatto a fare tutto questo? Semplice, Marco aveva scoperto che il potere del
passato domina il presente ed il futuro; il nostro protagonista si era
reinventato nel momento giusto, aspettando i tempi giusti e soprattutto “condendo”
le sue bugie con parte di verità. Cercas ha fatto un buon lavoro. È il primo
romanzo che leggo di quest’autore spagnolo ed anche se all’inizio ero un po’ perplessa
sullo stile e la linea scelta dall’autore, pagina dopo pagina mi ha coinvolto e
mi ha fatto porre molti interrogativi. Uno dei momenti più toccanti è quando l’autore,
dopo aver smascherato molte bugie di Marco, gli chiede la verità su un fatto in
particolare su cui non è riuscito a trovare documenti, ed un uomo con più di novant’anni
gli risponde con: “Per favore, lasciami qualcosa”. È un libro che consiglio,
anche se non è per tutti. Non è leggero, è particolare e riflessivo. Appena finito,
ho avuto bisogno di una lettura leggere per rilassare il cervello!
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