TITOLO: VOLEVO
SOLO AVERTI ACCANTO
AUTORE: Ronald
H. Balson
CASA
EDITRICE:Garzanti
N.
PAGINE: 420
VALUTAZIONE: 5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro bellissimo, che
rispetto ad altri va ad affrontare le problematiche durante la seconda guerra
mondiale, viste “con gli occhi” della Polonia. Uno dei libri più belli da me
letti”.
TRAMA:È
la sera della prima al grande teatro dell'Opera di Chicago. Morbide stole si
scostano per far largo al vecchio Elliot Rosenzweig, il più ricco mecenate
della città. All'improvviso tra la folla appare un uomo anziano. Tra le mani
stringe una pistola che punta alla testa di Rosenzweig. La voce trema per la
rabbia, ma lo sguardo è risoluto quando lo accusa di essere in realtà un feroce
criminale nazista. Ma Ben Solomon, un ebreo scampato ai campi di sterminio,
viene atterrato dalla sicurezza e trascinato in prigione. Nessuno crede alle
sue accuse. Tranne Catherine Lockhart, una giovane avvocatessa. Difendere Ben
Solomon sembra un'impresa impossibile, Rosensweig è per tutti un sopravvissuto
di Auschwitz, un filantropo potente. Catherine però non vuole arrendersi, deve
trovare la verità.
RECENSIONE:Incantata, non posso
cominciare questa recensione con una parola diversa. Ronald Balson mi ha fatto
rivivere eventi molto drammatici della nostra storia ma che è bene non
dimenticare. Volevo solo averti accanto è la storia di Ben Solomon, un uomo che
ha vissuto per la sua ballerina Hannah con cui ha condiviso un'intera vita, ed
anche ora che se ne è andata gli rimane sempre accanto. Proprio in uno di
questi momenti in cui Ben la sente vicino, gli viene l'ispirazione di accendere
la televisione e casualmente di trovarsi sullo schermo il suo "fratello
acquisito", l'uomo di cui più si fidava e proprio l'uomo che l'ha tradito.
Perchè sullo schermo si ritrova Elliot Rosenzweig, il più ricco e importante
mecenate della città di Chicago, ma che lui dopo più di quarant'anni riconosce
come Otto Piatek, il Macellaio di Zamosc, feroce criminale nazista. Ben
ottantenne non risulta molto credibile quando accusa Elliot, solo grazie
all'avvocato Catherine Lockhart, che per lui rivoluzionerà la sua vita, parte
il processo per vedere chi dei due mente. “Più grande è la bugia, più persone
ci cascano.” L'ebreo Ben per far prendere a cuore il caso a Catherine, gli
racconta la storia della sua vita, una storia iniziata nella cittadina polacca
di Zamosc, un racconto davvero toccante che ci fa ripercorrere tutta la follia
tedesca e la fede incondizionata di un uomo che continua a sperare. Volevo solo
averti accanto, ci fa capire come le persone che abbiamo vicino non sempre
rimangono coerenti. La famiglia di Ben, nel momento del bisogno, aveva accolto
il tedesco Otto e l'aveva fatto sentire per la prima volta in famiglia. Ma con
l'avvento del nazismo, il giovane Otto sente che quella famiglia per lui ormai
è più un peso che un bene.
Proprio nel momento del bisogno che possiamo capire che chi ci rimarrà accanto lo farà sempre. Anche se la storia non è vera, comunque lo scrittore si è documentato e si è fatto aiutare da persone che hanno vissuto quello che Ben racconta. Non sempre conosciamo le persone fino in fondo. Riuscirà il nostro Ben a far scontare ad Otto i suoi peccati? La corruzione e il potere riusciranno a superare la fede e la giustizia?
Proprio nel momento del bisogno che possiamo capire che chi ci rimarrà accanto lo farà sempre. Anche se la storia non è vera, comunque lo scrittore si è documentato e si è fatto aiutare da persone che hanno vissuto quello che Ben racconta. Non sempre conosciamo le persone fino in fondo. Riuscirà il nostro Ben a far scontare ad Otto i suoi peccati? La corruzione e il potere riusciranno a superare la fede e la giustizia?
TITOLO: THE WATER DIVINER
CASA
EDITRICE:Piemme
N.
PAGINE: 318
VALUTAZIONE: 4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro sulla prima
guerra mondiale e la fase post, da un’angolazione un po’ particolare, ovvero il
conflitto turco-australiano svolto nel territorio della prima. Davvero ben
fatto”.
TRAMA:Turchia,
1919. La prima guerra mondiale è finita, ma per Joshua Connor le battaglie
continuano. Dalla nativa Australia, mosso da una promessa, è arrivato a
Gallipoli, dove si è consumata una delle battaglie più sanguinose. Quella che
gli ha portato via i suoi tre figli. La promessa, fatta alla moglie sulla
tomba, è quella di ritrovarli e riportarli a casa, per dare loro una degna
sepoltura. Joshua è un agricoltore, sa ascoltare la terra, sa trovare l'acqua
nelle sue profondità - così cercherà di sentire il richiamo dei suoi ragazzi in
quel luogo devastato dalla guerra. I suoi amici in terra straniera saranno il
piccolo Orhan e la sua affascinate madre Ayshe, che gli offrono alloggio
nell'albergo di famiglia, a Istanbul, allora ancora Costantinopoli.
RECENSIONE:La
prima cosa che mi ha colpito di questo romanzo è il fatto che è stato scritto a
quattro mani, da marito e moglie, i coniugi Anastasios. In alcune parti infatti
prevale una parte più prettamente femminile, in altre maschile. Joshua Connor è
un rabdomante, un vero dono per chi come lui vive nelle terre aride
dell'Australia. Joshua è capace di trovare l'acqua anche a grandi profondità,
ma non è stato ancora capace di trovare e riportare a casa i resti dei tre
figli, partiti per la prima guerra mondiale e mai più tornati. Quando ormai
niente lo lega più alla sua terra di origine, decide di imbarcarsi ed iniziare
un lungo viaggio, quello che avrebbe dovuto fare molti anni prima, con
destinazione Gallipoli in Turchia. Terra inospitale per chi, come il suo
popolo, è entrato li come invasore. Devo ammettere la mia ignoranza (ora
colmata) sulla guerra fra australiani e turchi. Il libro all'inizio poi non
aiuta molto, quindi ho fatto delle ricerche parallele per comprendere meglio la
trama e capire cosa è successo dopo la guerra. Sono sempre stata affascinata
dalla Turchia, una nazione in cui oriente ed occidente si scontrano e si
incontrano. Costantinopoli (oggi Istanbul) è una città da scoprire ed i due
autori la rendono ancora più accattivante raccontandone aneddoti, tradizioni e
stile di vita; tutto è stato possibile grazie all'aiuto di persone del posto di
cui gli autori hanno richiesto la collaborazione. Non ci risparmiano neanche la
crudeltà della guerra e le sue conseguenze. I personaggi non sono molti; mi
hanno particolarmente colpito il maggiore turco Hasan detto
"l'assassino" e la bellissima Ayshe, donna con il polso di ferro. Connor
si troverà davanti un muro, ma grazie alla sua onestà, alla sofferenza e alla
tenacia con cui persevererà il suo scopo, si farà degli amici davvero
inaspettati. Un libro che ho davvero apprezzato, intenso, riflessivo,
ingiusto ma reale. Davvero imperdibile. Unica pecca è lo stile dei due, che a
volte appesantisce un pò. Vi lascio con due frasi che rappresentano qualcosa
della cultura turca: "Il capitano Charles Brindley è appoggiato allo
schienale della sua sedia e contempla la decorazione che orna il soffitto. Ha
scoperto che gli artigiani musulmani lasciano sempre un difetto in ciò che
realizzano, perché soltanto Allah è perfetto: da allora cerca con attenzione la
pennellata sbagliata o la pietra fuori posto nella sua cupola sopra la sua
testa. Sono passati tre mesi, e non l'ha ancora trovata." "C'è un
proverbio persiano che recita: "Possa tu sopravvivere ai tuoi figli".
Sembra una benedizione, invece è la peggior maledizione che si possa lanciare
contro qualcuno. Non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico." Ho visto
anche il film, consiglio anche quello, ovviamente dopo la lettura del libro!
TITOLO: STORIA
DI UNA LADRA DI LIBRI
AUTORE:
Markus Zusak
CASA
EDITRICE:Frassinelli
N.
PAGINE: 563
VALUTAZIONE: 4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro sulla seconda guerra
mondiale, ambientato in Germania, con un narratore insolito e soprattutto con
la consapevolezza che non tutti i tedeschi erano nazisti”.
TRAMA:Nella
Germania della Seconda guerra mondiale, quando ogni cosa è in rovina, una
bambina di nove anni, Liesel, inizia la sua carriera di ladra. All'inizio è la
fame a spingerla, e il suo bottino consiste in qualche mela, ma poi il vero,
prezioso oggetto dei suoi furti sono i libri. Perché rubarli significa
salvarli, e soprattutto salvare se stessa. Liesel infatti sta fuggendo dalle
rovine della sua casa e della sua famiglia, accompagnata dal fratellino più
piccolo e diretta al paese vicino a Monaco dove l'aspetta la famiglia che li ha
adottati. Nell'inverno gelido e bianco di neve, il bambino non ce la fa, ed è
proprio vicino alla sua tomba che lei trova il primo libro. Il secondo, invece,
lo salva dal fuoco di uno dei tanti roghi accesi dai nazisti. Col passare del
tempo il numero dei libri cresce e le parole diventano compagne di viaggio,
ciascuna testimone di eventi terribili ai quali la bambina sopravvive, protetta
da quei suoi immortali, straordinari, amorevoli angeli custodi.
RECENSIONE:Davvero
un libro insolito, mi sono trovata a leggerlo perchè incuriosita dal film. In
realtà il libro è nato con il titolo “La bambina che salvava i libri”. Il
narratore è la morte che racconta la storia con gli occhi di una ragazzina. Storia
di una ladra di libri, anche se scritto in maniera molto semplice, affronta
argomenti molto toccanti come le leggi razziali durante il periodo nazista, la
vita degli ebrei e dei giovani tedeschi che si trovano a dover scegliere se
rispettare tali leggi oppure provare a scegliere una via diversa. Una
ragazzina, Liesel, costretta dal regime a rinunciare alla sua famiglia, viene
mandata a vivere con una famiglia che la prende in affidamento. Qui cresce con
l'amore di una madre acquisita un pò burbera, un padre speciale, un amico
inseparabile e un giovane ebreo. Riuscirà ad andare avanti grazie all'aiuto dei
libri di cui diventerà un'insaziabile lettrice. Una delle frasi che più mi
ha colpito, scritta dal "narratore" è questa:"suppongo che gli
uomini amino assistere a un pò di distruzione: castelli di sabbia, castelli di
carta, si comincia così. La loro grande dote è la capacità di progredire".
Una frase che dovrebbe farci riflettere. Consiglio dopo la lettura del libro
anche la visione del film, avvisandovi che molte parti sono state tagliate..
TITOLO: LA
COLLEZIONISTA DI LETTERE
AUTORE: Jorge
Diaz
CASA
EDITRICE:Piemme
N.
PAGINE: 554
VALUTAZIONE:
4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro sulla prima
guerra mondiale visto però dalla parte della neutrale Spagna. Lo stile di Diaz
è davvero molto simile a quello di Ken Follett”.
TRAMA:1914.
Mentre la I guerra mondiale minaccia di fare in pezzi l'Europa, il re di Spagna
Alfonso XIII riceve una lettera che cambierà per sempre il corso della sua
guerra. La lettera di una bambina francese, Sylvie, che gli chiede aiuto per
ritrovare suo fratello disperso al fronte; lo chiede proprio a lui, l'unico re
che ha deciso di non fare la guerra. Alfonso, che ha appunto scelto la
neutralità, di fronte a quelle parole piene di speranza, scritte con la grafia
incerta dell'infanzia, capisce che quando una guerra minaccia il tuo mondo, non
puoi restare a guardare.
RECENSIONE:La I guerra mondiale sta devastando l'Europa, ormai
quasi tutti i paesi si sono schierati o da una parte o dall'altra, ma re
Alfonso XIII ha preso la sua decisione, la sua Spagna resterà neutrale. La
guerra prosegue il suo corso e la Spagna il suo, finché personalmente al re
spagnolo arriva la richiesta di una bambina francese che gli chiede di aiutarla
ad avere notizie del fratello fatto prigioniero dai tedeschi. Quella richiesta
così inaspettata colpirà molto il re. Dopo quella richiesta, infatti, Alfonso
XIII capisce che non può più restare a guardare ma che deve intervenire; il suo
sarà soprattutto un intervento diplomatico. Dopo aver accettato di aiutare la
bambina francese, il palazzo verrà sommerso da richieste provenienti da tutta
Europa. Il re creerà (realmente esistito) un ufficio prigionieri con l'intento
di aiutare le famiglie ad avere notizie dei propri cari. L'ufficio non farà
distinzioni fra le richieste, tutte avranno risposta, sia che sia un francese,
sia che sia un tedesco o un russo...Fra i collaboratori del re spiccano diversi
personaggi fra cui la marchesina Blanca, l'anarchico Manuel, l'amico fidato
Alvaro Giner e il giornalista Gonzalo. Lo stile è molto simile a quello di Ken
Follett. Diaz ci racconta la storia ma ce la "condisce" anche con
intrighi, amori e ingiustizie. Una sola anomalia rispetto a Follett; l'inglese
ha l'abitudine di far partire i suoi personaggi dai luoghi d'origine e poi
successivamente li fa incontrare ed interagire fra loro in contesti e modi
diversi. Lo spagnolo Diaz, invece, fa la cosa al contrario. Fa partire tutti i
suoi protagonisti dalla Spagna (dove si trovano sia un francese che un tedesco)
per poi dirottarli verso le loro terre d'origine. "La collezionista di
lettere" è stata proprio una piacevole sorpresa. Diaz ci racconta il
conflitto, ce ne descrive le atrocità ma con delicatezza, senza andare fino in
fondo.
TITOLO: LA
LISTA DI LISETTE
AUTORE: Susan
Vreeland
CASA
EDITRICE:Neri Pozza
N.
PAGINE: 438
VALUTAZIONE:
3/4
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro sulla seconda
guerra mondiale, che racconta delle persone che sono rimaste a casa ad
aspettare. Parla molto di arte e della forza delle donne”.
TRAMA:E'
il 1937 quando Lisette giunge a Roussillon, un villaggio della Provenza
appollaiato in cima a una montagna. Vent'anni, e nel cuore la speranza di un
apprendistato alla galleria d'arte Laforgue di Parigi, André, il marito, ha
deciso di abbandonare la capitale e trasferirsi in quel borgo sperduto perché
il nonno, Pascal, gli ha chiesto aiuto a causa della sua cagionevole salute.
André ha rinunciato al prestigioso ruolo di funzionario nella Corporazione
degli Encadreurs, l'associazione dei corniciai parigini, e Lisette al suo
anelito d'arte. A Roussillon, però, i due non si imbattono affatto in un
anziano malandato e in fin di vita, ma in un aitante ottantenne in evidente
buona salute. Ma nel chiuso della sua casa, Pascal mostra a Lisette e André la ragione
vera del loro arrivo a Roussillon: sette quadri che lasciano Lisette a bocca
aperta.
RECENSIONE:"La
lista di Lisette" ci racconta di come una parisienne abbia lasciato parte
del suo cuore a Roussillon in Provenza. Sullo sfondo della seconda guerra
mondiale, Susan Vreeland ci racconta la storia di chi resta, di chi è sempre in
attesa e aspetta, aspetta...Lisette è una giovane donna di città che per amore
del marito, si trasferisce in un piccolo villaggio della Provenza per accudire
il nonno Pascal. Pascal è un uomo con una grande passione, comune a quella di
Lisette, l'arte. Prima della sua dipartita, lascerà in dono alla giovane
parisienne sette capolavori. Una donna, una missione: preservare i quadri,
salvaguardarli dalla guerra ed amarli. L'autrice ci racconta in maniera molto
accurata, le difficoltà di una donna che si ritrova a vivere la guerra da sola,
con le privazioni che questa comporta e la difficoltà di integrarsi in una
realtà molto differente dalla propria. Una Provenza che si presenta con i suoi
indimenticabili colori, stagioni e profumi. Piccoli villaggi in cui una mano
aiuta l'altra. Ora tocchiamo la nota dolente. Il racconto è di pura fantasia
anche se cronologicamente attendibile e ben documentato. Nel romanzo si parla
molto di arte e gran parte della storia ruota attorno a questi sette dipinti. Durante
la lettura sono andata volta volta a cercarli e cosa scopro? Che ben due dei
dipinti rammentati sono di pura fantasia dell'autrice (da qui il motivo per cui
non riuscivo a trovarli). Ora posso capire tutto, ma da appassionata di arte
questa cosa, proprio non la "digerisco". Rimane comunque una buona
lettura, piacevole e scorrevole. Noi donne tendiamo a creare la nostra
lista e poi con gioia ne depenniamo gli obiettivi ottenuti. La copertina del
libro rappresenta il dipinto di Marc Chagall "La passeggiata". Una
bella frase:"Non tirarti indietro. Permetti a te stessa di amare. Una nota
non fa una canzone, diventa musica quando si unisce ad altre note."
TITOLO: DIARIO
PARTIGIANO
AUTORE: Ada
Gobetti
CASA
EDITRICE: Giulio Einaudi
N.
PAGINE: 376
VALUTAZIONE: 4/5
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere la storia della
resistenza piemontese raccontata da chi l’ha vissuta in prima persona.
Consigliato”.
TRAMA:Fu
Benedetto Croce che sollecitò Ada Gobetti a raccontare agli amici che cos'era
stata nel suo svolgimento quotidiano la lotta di liberazione. Ada così rievoca
la sua avventura di madre che va a combattere accanto al figlio Paolo,
diciottenne, e ne divide i pericoli e i disagi. Non c'è divario tra la donna
che sfida le pattuglie tedesche e la madre in perenne ansia per il figlio. Ada
è animata da una passione di libertà, da un bisogno di azione, da una femminile
concretezza e semplicità che si ritrovano intatte sulla pagina, in cui affiora
anche la sua vena di schietto umorismo. Accanto a lei figure di comandanti, di
politici, o di semplici partigiani. Introduzione di Goffredo Fofi.
RECENSIONE:"Per tutto il periodo
della lotta clandestina, scrissi ogni sera, su una minuscola agenda,
scheletrici appunti in un inglese criptico, quasi cifrato, che mi permettono
oggi non solo di ricostruire i fatti, ma anche di rivivere l'atmosfera e lo
stato d'animo di quei giorni". Ada Gobetti, con le sue parole, ci racconta
com'è nato il suo diario, che ripercorre i fatti tra il 1943 e il 1945. Fu
grazie alla curiosità del filosofo Benedetto Croce, amico dell'autrice, che non
riusciva a rendersi conto del vero ruolo della Resistenza e della lotta
partigiana, che fecero venire in mente, alla Gobetti, l'idea di un libro sulla
Resistenza e chi meglio di lei, che l'aveva vissuta in prima persona, poteva
colmare le lacune che molti avevano. Ada Gobetti ci racconta i fatti, gli
uomini e le donne della Resistenza; un diario con pochissime digressioni e che
da spazio a tutti: "E non è un caso se in esso trovano parte, alla pari,
tanti personaggi famosi dell'antifascismo, quanto uomini e donne e ragazzi che
solo nella Resistenza si misero in luce, operai e contadini e montanari che
dopo la Resistenza tornarono in tutta semplicità al loro posto di lavoro".
Un diario ricco di storia, di emozioni, di solidarietà..ma non solo. La nostra
autrice, nonché protagonista, oltre ad un importante ruolo di collegamento e di
divulgazione d’informazioni è soprattutto una madre e una moglie, che vede il
suo "piccolo" Paolo e il marito Ettore sfidare ogni giorno i pericoli
e le difficoltà che la popolazione del Piemonte stava vivendo in quel tempo. Fra
Torino, Meana, la Val di Susa e tutto il circondario, inclusa la Francia, la
Resistenza non si fermerà. A piedi, in bicicletta e con mezzi di fortuna,
questa parte dell'Italia, raccontata in queste pagine, ci mostra come la
speranza non abbia abbandonato il nostro territorio, anche nei periodi più bui
e soprattutto la gioia e il sorriso davanti alle piccole vittorie. Molto
toccante è quando davanti a un morto, la solidarietà delle donne italiane nei
confronti di una madre, anche se nemica, che non rivedrà più il figlio, è molto
forte; questo ci fa capire come la guerra è sempre una sconfitta e una
sofferenza sia per i vincitori sia per i perdenti. Consiglio questo libro, che
risulta adatto anche per i ragazzi delle scuole medie, a tutti. Vi ritroverete
narrate le vicende dei famosi, dei meno famosi e degli sconosciuti, che messi
insieme "sono i nostri".
"Non piangetemi, non
chiamatemi povero. Muoio per aver servito un'idea".
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