Ogni genere è contraddistinto da un colore, in modo da poterli riconoscere più facilmente. Se vi piace un libro in particolare, controllatene anche l'autore, potreste trovare altre opere interessanti!!!

Opere teatrali





TITOLO: CYRANO DE BERGERAC 

AUTORE: Edmond Rostand

CASA EDITRICE:Feltrinelli

N. PAGINE: 285

VALUTAZIONE: 5




Consigliato a chi ha voglia di leggere un’opera teatrale che sprigiona amore in ogni sua riga. Un’opera che ci insegna che i belli che non ballano valgano veramente poco”.

TRAMA:L'opera teatrale di Edmond Rostand, pubblicata nel 1897, è ispirata alla figura storicamente esistita dello scrittore secentesco Savinien Cyrano de Bergerac. Si tratta di una commedia che narra le gesta dell'estroso e umorale spadaccino guascone, veloce di spada quanto di parola, nonché dotato di un enorme naso. Un autentico eroe romantico, che sotto la scorza burbera e la spavalderia verso i nemici nasconde del sentimento autentico. Ama infatti di un amore infelice perché impossibile la bellissima cugina Rossana, che a sua volta è innamorata del giovane cadetto Cristiano. Cyrano decide di farsi da parte e di favorire la relazione tra i due. Si mette di mezzo però il potente De Guiche, invaghito di Rossana, e spedisce in guerra Cyrano e Cristiano, che vi troverà la morte. Rossana si ritira allora in convento e solo in punto di morte Cyrano le rivelerà il proprio amore.


RECENSIONE:Cyrano de Bergerac è un’opera teatrale composta da cinque atti. Avendone già letti altri di questo genere, all’inizio ero un po’ perplessa. L’opera si apre con “il teatro nel teatro”; non è un gioco di parole, la prima scena si svolge proprio in un teatro, con numerosissimi personaggi che ti lasciano disorientata al punto da renderti difficile immaginare la scena rappresentata. Ma Rostand riesce a mettere chiarezza quasi subito ed a farti entrare nel vivo dell’opera presentandoti e delineandoti bene, i personaggi principali. Primo fra tutti Cirano, cadetto di Guascogna (gradassi e mentitor senza vergogna), impavido, orgoglioso, fedele e soprattutto poeta. Un uomo, Cirano, perdutamente innamorato della bellissima cugina Rossana, a cui però non si è mai dichiarato a causa del suo aspetto (Voi…voi…avete un naso eh..molto grande). Rossana, oggetto del desiderio di molti uomini, è una donna incline alla bellezza ma che cerca anche la sostanza. Cristiano, appena diventato guascone, è un uomo con un aspetto felice, ricambiato dalla bella Rossana ma che ben presto capisce che senza l’aiuto di Cirano (e delle sue parole) può far ben poca cosa. Molti altri sono i partecipanti all’opera davvero ben fatta. Rostand ci lascia con la sua opera, una lezione molto importante. Non solo ci fa capire l’importanza dell’amicizia e delle fedeltà, ma soprattutto ci apre gli occhi su un tema molto in voga oggi. Un uomo che è “bello ma non balla” ovvero che oltre alla bellezza non ha altra sostanza, è veramente un uomo di poco conto. Ci insegna l’importanza e la potenza dei sentimenti e di come le parole possano scaldare il cuore. Un’opera sentita, ricercata e coinvolgente che non può deludere il lettore appassionato di teatro, di poesia e di storie di un tempo. “..Ahimè, che strano pizzicore mi sento nel petto! O bacio, o convito d’amore il tuo Lazzaro io sono! Quaggiù di te mi scende una briciola; io sento che un poco il cor ti prende. Poi che su quella bocca le sue labbra tremanti baciano le parole ch’io dissi poco avanti.” “La casta Penelope, anche lei, non sarebbe rimasta a ricamar tranquilla sotto il suo tetto, se Ulisse avesse scritto lettere come te. Ma per cercarlo avrebbe, al par d’Elena insana, mandato a spasso i suoi gomitoli di lana".






TITOLO: L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO

AUTORE: Oscar Wilde

CASA EDITRICE:Bur

N. PAGINE: 208

VALUTAZIONE: 4/5




Consigliato a chi ha voglia di leggere una commedia davvero divertente e ironica che si legge velocemente. Un Wilde davvero contemporaneo”.

TRAMA:Salutata al suo apparire dalla perplessità di critici e letterati, L'importanza di chiamarsi Ernesto – dopo un secolo di felicissima e intensa vita sui palcoscenici di tutto il mondo – e ormai universalmente riconosciuta come un geniale, straordinario e rigorosissimo "nonsense", che anticipa tutte le più moderne risultanze del teatro dell'assurdo. Questa commedia fu scritta tra il 1894 e il 1895, in quel momento della vita di Wilde che precede la sua rovina, alla vigilia del processo che lo condurrà in carcere, e al quale egli va incontro testardamente e ciecamente, in una sorta di furia autodistruttiva. Wilde scrive in quest'opera le sue pagine più disincantate e fresche, più spensierate e felici.

RECENSIONE:Oscar Wilde per me è uno scrittore senza tempo. Il suo stile è così contemporaneo che è difficile considerarlo un autore del XIX secolo. "L'importanza di chiamarsi Ernesto" è una commedia teatrale, suddivisa in tre atti. I personaggi sono pochi, simpatici ed ironici. Un'opera scritta così bene, al punto tale da permettermi di "vivere" una commedia in poltrona. Durante la lettura è come se i personaggi si fossero materializzati davanti a me. La sua brevità non ha intaccato il racconto; una scrittura brillante ed ironica che mi ha fatto ridere e sorridere per l'intera opera. Amore, simpatia, equivoci, provocazioni e tanto stile "Wilde" mi hanno fatto capire perché è importante chiamarsi.. Ernesto. Vi lascio con questa frase:
"A dire il vero, a me non piacciono i fidanzamenti lunghi: danno ai fidanzato la possibilità di conoscere il carattere dell'altro prima di essersi sposati, e questo non è mai prudente".






TITOLO: MOLTO RUMORE PER NULLA

AUTORE: Shakespeare

CASA EDITRICE: Tascabili economici Newton

N. PAGINE: 97

VALUTAZIONE: 4



Consigliato a chi ha voglia di leggere un’opera teatrale in cui più che la trama spiccano i protagonisti. Uno Shakespeare per tutti!”.

TRAMA:Esemplare commedia degli equivoci o romantica satira sull'amore e i suoi malintesi? Sullo sfondo assolato di Messina si intrecciano passioni, giochi, intrighi, errori e farse in un perfetto spaccato sull'animo umano. Ma qui il genio di Shakespeare si esprime soprattutto nella brillantezza dei dialoghi, negli scambi feroci e arguti, nella vivacità delle sue battute taglienti, a eterna dimostrazione che può più la parola della spada.

RECENSIONE:“Molto rumore per nulla” è un’opera di Shakespeare che non conoscevo, ma dopo averla trovata più volte rammentata in altri libri, non ho resistito e curiosa, come solo una donna può esserlo, l’ho presa in biblioteca, l’ho letta e posso confermare di aver fatto bene. “Molto rumore per nulla” è una commedia romantica in cinque atti. I personaggi non sono pochi, ma sono facilmente riconoscibili. Shakespeare in meno di cento pagine, presenta una commedia che se sotto molti punti di vista è prevedibile, trova la sua peculiarità non tanto nella trama, ma nei singoli personaggi. Siamo a Messina e due sono le storie che s’intrecciano. Da una parte, il colpo di fulmine fra Ero e Claudio e dall'altro l’amore litigarello fra Beatrice e Benedetto. Ma l’happy end si dovrà scontrare con la calunnia e l’inganno dell’uomo che con il suo zampino cerca di trasformare una commedia in una tragedia. Se, come dicevo, la storia può sembrare davvero molto banale e prevedibile, i singoli protagonisti di certo non lo sono. Fra i miei preferiti spicca Beatrice, cugina di Ero, che rappresenta, considerato che la commedia è stata pubblicata a fine 1500, una femminista vera e propria. Una donna che difende la cugina, risponde per le rime e soprattutto è consapevole della sua posizione “Non posso diventare uomo solo perché lo desidero, e allora morirò donna perché soffro”. Una donna però che davanti all’amore e al valore dell’altro riesce, anche se non con semplicità, a riconoscerlo e a ricambiarlo. Una menzione la devono avere anche Carruba, capoguardia della ronda notturna e il suo vice Sorba. Con la loro inettitudine non possono non rimanere simpatici al lettore. L’intento di Shakespeare è molto chiaro, ovvero quello di rappresentare l’inefficienza della giustizia. Uno Shakespeare che consiglio a tutti, si legge velocemente e per gli amanti dell’autore è imperdibile. Vi lascio con questa frase:

“non si apprezza il valore di quel che abbiamo mentre ne godiamo, ma appena lo perdiamo e ci manca, lo sopravvalutiamo, e gli troviamo il pregio che il possesso rendeva invisibile, fino a che era nostro”. Sante parole! Buona lettura! 

Nessun commento:

Posta un commento