TITOLO: IL
FIGLIO MASCHIO
AUTORE: Giuseppina
Torregrossa
CASA
EDITRICE:Rizzoli
N.
PAGINE: 309
VALUTAZIONE: 3/4
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un libro siculo al 100%
in cui l’argomento principale sono i libri e le donne. Non il migliore dell’autrice.
TRAMA:Sicilia,
1923. Don Turiddu è un uomo ruvido, forte, che tocca allo stesso modo il corpo
di sua moglie e la terra del feudo di Testasecca. Concetta è irruenta,
passionale, sa quando obbedire e sa, all’occorrenza, come farsi ascoltare: tra
le lenzuola. Dei loro tredici figli, solo quattro sono maschi e tre, ormai
grandi, hanno cercato fortuna lontano da casa. Tocca a Filippo, allora, subire
le aspettative dei genitori: quelle di Concetta che lo vorrebbe uomo di
cultura, e quelle del padre che lo reclama con sé in campagna, “perché la
poesia minchiata è”. Eppure non sarà lui il tanto atteso “figlio maschio”,
quello prescelto dal destino a determinare le sorti della famiglia…
RECENSIONE:Dopo
aver letto quattro libri di quest’autrice, posso dire che un pochino la conosco
e ne riconosco il suo stile. Il suo ultimo libro è appunto “Il figlio maschio”,
un romanzo che ci racconta la vita della famiglia Cavallotto per quasi un
secolo. Tutto ha inizio con Concetta Russo, la moglie di Turiddi Ciuni che nei
primi anni del Novecento decise di mandare tutti i suoi dodici figli (sia
maschi che femmine) a scuola. Il marito li voleva per la terra lei li voleva
per i libri. Questo amore per i libri, in una maniera o nell’altra, ha
“infettato” tutta la generazione che piano piano ha fatto dei libri la loro
vita. Come ogni romanzo di questa autrice, la donna ha come sempre un ruolo
cardine. Il dialetto è usato liberamente e rispetto agli altri, sul fondo non
ho trovato “la traduzione” quindi qualche dettaglio (ma proprio pochi) me lo
sono perso. La Torregrossa ci racconta la sua Sicilia e come il suo “volto”è
cambiato nell’arco di un secolo. La fase pre-guerra, la guerra e il dopoguerra
e le sue conseguenze; la vita siciliana, con i pettegolezzi, le invidie, gli
sciacalli e il pizzo. Come una donna senza un uomo non è ben vista e di come i
tempi cambiano e la donna sa riscattarsi. “Solo la felicità riuscivano ad
affrontarla singolarmente, la difficoltà la vivevano in comunione”. “Non è più
il tempo che una fimmina trova un marito e si sistema. È necessario tenere
conto delle loro aspirazioni”. Ho iniziato la mia recensione parlando dello
stile dell’autrice, c’è un motivo perché l’ho fatto, perché questa volta mi
sono trovata davanti qualcosa di diverso da quello che solitamente mi aspetto
dalla Torregrossa. Continui cambi di scena e di anni (trovati anche in altri
libri ma qui proprio netti), si salta ad esempio dal 1945 al 1954 in dieci
pagine. Ogni capitolo inizia poi con un personaggio diverso, alcuni già
conosciuti altri no. Ti stai appassionando alla vita di qualcuno (Concettina
Ciuni è la mia preferita) e voltata pagina l’hai perso. Insomma questa cosa mi
ha spiazzato e non riconoscevo la mia tanto amata autrice della “La miscela
segreta di casa Olivares”, poi tutto si è fatto chiaro. Giuseppina Torregrossa
ha scritto sì un romanzo, ma non farina del suo sacco. L’autrice si è presa un
bel compito, quello di raccontare le vicende della casa Editrice Cavallotto e
per farlo si è fatto raccontare i fatti dalle dirette interessate ovvero dalla
moglie e dalle figlie dell’editore siciliano. Non è facile rendere giustizia ad
una storia che parte così da lontano e che va raccontata in così poche pagine.
Ora comprendo il suo saltare da un personaggio all’altro, per dare a tutti la
giusta importanza e mostrare il contributo che hanno dato, ma per me che non
conoscevo la storia è stato davvero difficile, non stargli dietro, ma gustarmi
tutte le emozioni e il vero significato delle azioni, solo alla fine sono
riuscita ad assaporarle. Mi dispiace Giuseppina Torregrossa ma ti preferisco
quando la farina è tutta del tuo sacco e proprio lì che sai dare il meglio di
te. Comunque è sempre bello leggere qualcosa scritto da lei, sempre ironica,
divertente, tragica e sicula al 100%.
TITOLO: PANZA
E PRISENZA
AUTORE: Giuseppina
Torregrossa
CASA
EDITRICE: Mondadori
N.
PAGINE: 189
VALUTAZIONE: 4
“Consigliato a chi ha voglia di
leggere un giallo insolito,
condito con ricette del sud. Un’autrice davvero piacevole da leggere”.
TRAMA:Palermo.
Un'estate caldissima. E tre poliziotti che più diversi non si potrebbe: il
questore Lobianco, severo e forte, Rosario D'Alessandro detto Sasà - amante del
cibo e delle donne, affetto da un curioso disturbo della lacrimazione che fa sì
che pianga quando si eccita - e Marò Pajno, affascinante e volitiva, relegata
in un noioso commissariato di quartiere.
RECENSIONE:La
Torregrossa è un'autrice che ama scrivere soprattutto della sua terra, la
Sicilia e delle donne. Questo libro è ambientato nella bella Palermo e non
mancano, come sempre, le battute in dialetto (per i non siciliani come me, non
preoccupatevi in fondo c'è un piccolo vocabolario). La commissaria Marò e il
sostituto commissario Sasà, si ritrovano a dover seguire due indagine. La prima
è quella relativa all'omicidio dell'avvocato Maddaloni seguita da Marò, mentre
il collega è sulle tracce di un latitante mafioso. Il libro rientra nei gialli,
anche se definirlo tale mi sembra un pò un azzardo. Si può avvicinare a
Camilleri e Malvaldi per quanto riguarda il contesto, però rispetto a questi
due autori mancano un pò le indagini e i colpi di scena. In ogni romanzo
la scrittrice inneggia un santo della sua terra e questa è la volta di Santa
Rosalia. Inoltre sono presenti sette ricette all'inizio dei vari capitoli da
cui si può prendere spunto. Adoro questa scrittrice, trasmette la passione per
la sua terra, è ironica e poi scrive proprio bene. Una curiosità,
"Panza e prisenza" ovvero Pancia e presenza è un'espressione usata
per designare chi, invitato, si presenta a mani vuote. Una bella frase
per noi donne: "Si chiama resilienza, è la capacità di adattarsi alle
nuove situazioni che la vita prospetta, sembra che le donne ne siano
particolarmente dotate.
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